Giornata della Terra: per il
rispetto che le dobbiamo, per la sua preservazione.
di Teri Volini
Il refrain più in uso in questo tempo di pandemia è “tornare alla
normalità”.
Certo è comprensibile che si desideri ritrovare un tempo in cui non si
debba rimanere chiusi in casa per forza maggiore, ad ascoltare i
bollettini del contagio e dei morti che si susseguono a ritmi
esponenziali; uscire liberamente, incontrare gli amici, riabbracciare le
persone care che si sono sentite solo per telefono e incontrate in una
video chiamata; spostarsi, lavorare, tornare a scuola e fare tutte
quelle cose utili o piacevoli che ora ci sono impedite. Tuttavia, si
rischia di struggersi per un’aspettativa difficile da attuare: niente
potrà essere “normale”, niente sarà come prima, per un semplice quanto
doloroso motivo: abbiamo ricevuto in visita un temibile virus, che ci ha
mostrato tutto il suo potere: ha fermato il mondo.
Risalire in superficie
A questa realtà saremo costretti a rassegnarci, volenti o nolenti. È
dunque indispensabile fare uno sforzo di volontà – e d’intelligenza –
per risalire dallo stato catatonico in cui ci troviamo, come sommersi, e
risalire in superficie. Faremo bene a smetterla con le affermazioni
ossessive, che rimbalzano su tutti i media, fino a portarci alla
lobotomia, che purtroppo coinvolge anche coloro che dovrebbero mantenere
i nervi saldi e recuperare più che possibile la loro riserva di saggezza
per le decisioni più importanti: basta ascoltare i “potenti” della
terra, gli strafalcioni dei Trump, dei Boris Johnson, delle Lagarde,
(per non parlare dei più impossibili tra i nostri governanti…).
Ottimizzare lo standard mentale
Occorre improrogabilmente avanzare nel pensiero, fino ad attivare
ragionamenti a più ampio respiro rispetto ai tanti luoghi comuni ora
imperanti; fino a capire ed accettare quale grave errore sarebbe il
ritorno alla “normalità”: se normalità significa ricalcare imperterriti
lo stesso stile di vita cui ci eravamo ormai assuefatti, riprendendo le
vecchie abitudini, commettendo gli stessi errori, tutta questa rovina
determinata dal virus non sarà servita a niente.
Ma perché mai dovremmo tornare ad essere quello che eravamo diventati?
Degli esseri umani mutatisi in virus letali essi stessi, tanto dannosi e
sordociechi davanti al Danno da loro procurato, da non riuscire ad
ammetterlo; tanto irresponsabili da portare il pianeta sull’orlo di
un’ecocatastrofe, e da non fermarsi neanche davanti a questa!
Incompatibile con la vita stessa
L’essere dis/umano ha contaminato tutto, infiltrandosi fin nelle viscere
più profonde del pianeta, con esperimenti nucleari, anche nei mari e
negli oceani; con escavazioni di tutti i tipi per impadronirsi dei
tesori contenuti in esso, fino all’estremo oltraggio di iniettarvi i
veleni più letali per la ricerca del petrolio, preventiva delle
trivellazioni spinte rovinose per il territorio, per gli umani e tutti
gli altri esseri; impassibile di fronte alla sofferenza che tutto ciò
procurava di riflesso: tumori, leucemie, con tutte le micidiali dolorose
invalidanti o letali conseguenze…
Perché dunque dovremmo pensare che sia un bene ritornare alla
“normalità”, quando è in questa stessa che dovremmo cercare le cause di
ciò che sta accadendo oggi? Ma davvero possiamo credere che non c’entri
niente con la pandemia e la sua virulenza il nostro modo di vivere
incompatibile con la vita stessa?
Il nostro tossico quotidiano
In un precedente articolo ho definito il virus “un grande maestro di
vita”, nel senso che “oltre ogni danno e letale epilogo cui siamo
sottoposti, e al pari di altre grandi avversità, il Virus si serve della
morte come “bacchetta” per alunni indisciplinati e testardi: noi, gli
umani…”
https://terivolini.blogspot.com/2020/03/corona-virus-un-temibile-maestro-di-vita.html
Testardi oltre ogni misura, pur conoscendone le conseguenze, abbiamo
continuato con ogni sorta di crimini, a cominciare dal maltrattamento
estremo degli animali, a miliardi rinchiusi a vita in enormi farms, per
rispondere al nostro consumo spinto di carne; creature marine soffocate
dalla plastica, che invadendo gli oceani, li aveva trasformati in isole
della grandezza di interi continenti: mostruoso! Abbiamo trasfuso in
ogni cosa del veleno: aria, acqua, cibo, in tutto ciò che è essenziale
per esistere, e che è invece diventato un vero e proprio tossico
quotidiano, preparando la strada ad ogni malattia, dal cancro … ai
virus.
E l’inquinamento in generale, anche quello elettromagnetico, propinato
come il più luminoso “futuro”, e accettato senza nemmeno conoscerne la
nocività. Senza il freno dell’etica la stessa tecnologia e la sempre più
avanzata robottizzazione, può aumentare a dismisura la distruttività, e
l’agire con sempre meno problemi di coscienza.
Sullo stesso piano
Il virus è uno choc che mette tutti sullo stesso piano: lui, che a
rigore non è nemmeno un essere vivente, ma un’ infinitesimale scheggia
di acido nucleico con attaccati degli amminoacidi: le coroncine, ha il
potere di fermare tutto, persino l’autodistruzione umana: ora provvede
lui a far capire chi comanda. Dall’alto dei suoi miliardi di anni,
questa informazione di tipo elettromagnetico, che ha lo scopo di
replicarsi nella cellula, umana o animale, non fa altro che crescere e
moltiplicarsi, approfittando del nostro disordine fisico, sociale,
organizzativo e morale per portare a termine il suo compito:
sopravvivere. Nel frattempo, si accanisce a gareggiare con noi, che ci
eravamo vantati di essere i più potenti, i più distruttivi al mondo!
Non c’è salute in un ambiente deprivato
Così, ce lo deve ricordare lui, un essere microscopico, invisibile, che
non può esserci una buona salute
in un mondo tanto deprivato? Se l’ecosistema, la struttura sociale,
quella ospedaliera, economica etc. sono stressati, anche il nostro
organismo diventa più debole, predisposto ad ammalarsi. Dobbiamo
approfittare della pausa forzata per riflettere, per porci domande su
quello che siamo diventati, sulle cause delle nostre manchevolezze, su
quanto abbiamo tolto alla qualità dei nostri rapporti umani, sul danno
che abbiamo apportato al pianeta.
Perciò, non sarebbe affatto produttivo restaurare il vecchio, usurato
modo di vivere: occorre invece lavorare seriamente per costruire – e in
fretta – un mondo in cui ci sia del Nuovo: ma non in senso consumistico,
reiteratamente avido di “cose”, di beni materiali, di tecnologie
avanzate ma dannose; il miglioramento deve toccare i punti centrali del
nostro essere, sia nel personale che nel sociale: il reale equilibrio di
tutti gli esseri e della terra. |