ANTONIO TOMA
- LA NATURA E LA VITA SPECCHIATI NEGLI OCCHI DI UN FANCIULLO di Claudio Alessandri
L’atmosfera che esala dai dipinti di Toma risuona di dolci e antiche armonie, paesaggi sognati, specchiati nel bimbo che alberga in noi, sorridente o crucciato, ma mai disincantato, immune dalla pesante patina degli anni che fa curvare le spalle e schiaccia ogni speranza nel futuro.
Il coinvolgimento è immediato, questi paesaggi, questi scorci architettonici, i personaggi, tutti immersi in un mondo candido e accecante, parlano all’osservatore trasmettendogli le vibrazioni, la creatività sofferta; tutto il sentire ed il concepire dell’artista si sviluppa in un bozzolo setoso, dal quale volerà un essere rinnovato, mondato da tutte le brutture di un’esistenza che si specchia in una natura inaridita, esausta, tragicamente svuotata da ogni ideale, da ogni anelito di libertà e amore.
Gli ulivi saraceni tendono le braccia rattrappite verso il cielo lontano in una muta preghiera di salvezza, i tronchi ritorti, simulacro di una vita millenaria, cantano le lodi della natura ed in essa si avvitano in un movimento lento, ma inesorabile, tesi al raggiungimento di una perfezione da sempre intravista e sulla soglia di quell’ideale, il legno gemente, si arresterà in eterna attesa.
La pittura di Toma sconvolge per semplicità ed insieme incisività, l’artista ha riservato nelle sue opere le passioni, le gioie e le immense tristezze che intimamente ha avvertito, ma non ha voluto tenere egoisticamente per sé, le ha tradotte in messaggi pittorici, in implorazioni; queste tele “parlano”, raccontano di vite gloriose, di muti dolori, di gioie mai totali, sempre tragicamente in attesa del duro e freddo contatto con la realtà. Non è un fuggire, un “ripararsi” da una vita piena di incognite, ma è uno scoprire impietosamente la realtà, non importa a quale prezzo, la totale distruzione è la sublimazione di un esistenza esaltante, tutta tesa a narrare la “vita” ed in essa obliarsi.
Abbiamo già visto gli stessi soggetti rappresentati da altri artisti, Toma quindi non scopre nulla, non inventa tecniche nuove e rivoluzionarie, si limita a rappresentare la natura che lo circonda, l’umanità che “accanto” a lui vive, si con tecnica raffinata, ma non è questa a distinguerlo, è il modo, l’ansia, l’amore che è presente in tutte le sue opere che costringe alla riflessione; non oggetto di fuggevoli sguardi, ma di analisi profonde alla ricerca di una risposta che è già lì, a portata di mano; nulla viene fatto, anche solo scolasticamente, complesso. Toma racconta chiaramente, senza stratagemmi o funambolismi stilistici; ecco, sembra dire: “ Questo è il mondo che vediamo ogni giorno, ogni ora della nostra esistenza, ma che noi, stolti e rigonfi di boria, rifiutiamo perché troppo semplice, troppo evidente, troppo lontano dal mondo deteriore di concepire la vita e i nostri simili”.
Raramente abbiamo provato sensazioni tanto appaganti davanti ad altre opere pittoriche, in mille occasioni osservate e giuridiche, Toma quieta il nostro animo in perenne attesa, non verità assoluta, questo no, ma pacato fruire di immagini e concetti che, alfine, placano una ansia febbrile, dettata da infiniti interrogativi, da mille pudori, da incalcolabili incertezze che, al termine, distorcono una realtà scorta
attraverso le lenti deformanti di una vita fatta di illusioni, cocenti delusioni e brevissimi squarci di vita serena.
Antonio Toma – nasce a Casarano il 18 febbraio 1951 e muore all’età di 41 anni il primo giugno 1992, pochi mesi dopo la scoperta di una grave malattia.
Claudio Alessandri
IO... E, ANTONIO
(dedicata ad Antonio Toma)
Un giorno... correrò anch'io su prati verdi
tenendo stretto in mano un raggio di sole
e sarà allora, che Antonio mi verrà incontro
giovane e bello, come lo conobbi un giorno lontano,
mi sorriderà e mi condurrà per mano
verso una luce abbagliante,
tiepida come un refolo di scirocco al suo nascere
e parleremo di quel giorno d'inverno, vivido pur nel ricordo,
quando a Palermo vivemmo un giorno felice
e io rimembrerò quando nel salutarlo,
avvertii una sensazione di gelo che mi trapassò l'anima
ed il sorriso sulle mie labbra si tramutò in una smorfia dolorosa
poi, qualche tempo dopo, lo schianto e compresi il perché di quel gelo
ed ancora oggi mi terrorizza
il pensiero di quel ricordo,
ma mi consola la certezza che,
l'amicizia nata nello spazio breve, lungo,
di una sera, durerà oltre la vita,
vivrà struggente come un bellissimo sogno.
Claudio Alessandri
|