FRANCO RUSSO – IL PIACERE DELL’ARMONIA di Claudio Alessandri
Quando giunsi in Sicilia, giovanissimo, portandomi nell’anima il ricordo struggente degli spazi immensi, verdi
ma brumosi della pianura padana, non immaginavo di essere catapultato in un mondo dall’atmosfera fatata,
fulminata da un sole spietato, ustionante, che non consentiva segreti nella luminosità totale, permettendo
all’ombra, avara, di celare, scrigno immaginario, storie antiche di prodi cavalieri, di fate e di streghe, di
indomiti paladini, di duelli rusticani e di “nobile” miseria.
Imparai presto ad immergermi nella sensazione di essere cullato all’interno, tiepido e rassicurante, di un
bozzolo setoso nell’ora della “siesta”, quando d’estate la calura intorpidisce le membra ed ogni volontà
d’azione ridestando, nell’aria tremolante, il fantastico apparire della “Fata Morgana”.
Disteso immobile nella penombra della stanza osservavo i raggi di luce che filtravano attraverso le persiane,
tagli chirurgici che foravano l’intimità di quel momento “incidendo” le pareti ed il tetto, intersecandosi,
fuggendo appaiati, inserendosi nelle buie rotondità dei mobili in agguato per plasmarli, deviarli in giuochi
fantastici di forme e di colori, mentre l’impalpabile pulviscolo disegnava improbabili onde marine.
Nell’osservare l’ultima produzione pittorica di Franco Russo, torno all’improvviso indietro nel tempo e vengo
cullato dalle fantastiche “illusioni” di tanti anni addietro. Quelle di Franco sono espressioni geometriche,
ma limitare alla geometria quel coerente susseguirsi di forme e colori, è evidentemente restrittivo; il suo
non è un “rimestare” ripetitivo di sterili concetti stilistici, ottimi ad esprimere freddi “teoremi”
accademici, affatto idonei a destare sensazioni di coinvolgente poesia.
Per Franco Russo è indispensabile coinvolgere il fruitore delle sue opere pittoriche in una spirale esaltante
di viva emozione nell’abbandonarsi ad atmosfere gravide di poetici messaggi, da interpretare in un crescendo
emozionale che dura nel tempo e non si spegne al primo algido contatto con una realtà che massifica nel
tentativo, in parte riuscito, di irretire ogni desiderio di dolce abbandono al sogno, alla pace di un’armonia
primigenia ritrovata.
Franco è un artista schivo, dalla personalità complessa, intrisa di idee per lui irrinunciabili per giungere
ad una meta che si è prefisso molti anni addietro e che ha continuato ad affermare rimanendo saldo ai tanti
insulti dell’incomprensione, esibendo, con atteggiamento di velata ironia, una carica di vibranti pulsioni,
addolcite da una resuscitata atmosfera “bohémienne”. Anche i progetti di un’autostrada, di una diga, di un
ponte, sono fatti di sapiente geometria; ma possiamo considerare espressioni artistiche anch’esse?
Frutto del genio umano, certamente si, ma l’arte è ben altro, rifugge dalle fredde soluzioni utilitaristiche,
anzi aborrisce canoni ineccepibili quali gabbie medievali di tortura, fasce ferree che “strizzano” il cervello
impedendogli ogni palpito ideale, tutto ciò che appartiene al fatato mondo della fantasia. L’arte per Russo è
tutto e nulla se non esprime idee libere da condizionamenti. Per questo artista, che ha sempre perseguito mete
artisticamente comprensibili, ogni mutamento d’espressione, anche minimo, è cagione di lunga riflessione e non
ha tentennamenti; è pronto a rinnegare il nuovo se questo non lo soddisfa pienamente, né lo convincono coloro
che, per gusto personale, cercano di incoraggiarlo a continuare a percorrere la nuova via.
Per Franco l’adulazione è uno sciocco tentativo di fermare la sua “vulcanica” ispirazione; l’accoglie con
gentilezza, non perché convinto di quanto gli si dica, ma per non urtare la sensibilità “presunta” artistica,
dell’osservatore, insinuando però, con un sorriso sornione, qualche dubbio, qualche incertezza che costringerà
“l’adulatore” a riflettere e magari rivedere le sue apparenti “certezze”.
Continuare a parlare di espressione artistica legata alla geometria, magari aggiungendo “non euclidea” termine
abusato, ma che sa tanto di vuoto culturale, non ha più senso; è evidente lo svilupparsi, nelle opere di
Franco Russo, di un sapiente giuoco di forme “perfette” che si accostano, si intersecano, che collidono: tutto
ciò è evidente a tutti, ma non tutti colgono l’essenza intima di questa espressione artistica. La “struttura”
è importante all’economia dell’opera, come altrettanto importanti sono le cromie utilizzate.
Franco però non si sofferma solo su questi aspetti esteriori, va oltre; il visibile è patrimonio di tutti,
l’intimismo dell’opera appartiene solamente all’artista, a quello sguardo “intraducibile” che vede l’anima, il
concetto vitale che è stato impulso e ragione del creare, non simulacro vuoto, ma colmo di concetti, di
spiritualità, di quel qual cosa di divino che è rimasto “intrappolato” in un angolo individuabile del nostro
cervello e che, qualche volta, torna in superficie a riverberare quel raggio di fervida luce che consente ad
un’artista di “vedere” al di là del visibile.
Claudio Alessandri |