EDO JANICH, L'IMPORTANZA DELLA ORIGINALITA'
Edo Janich riesce ad esprimere tutto il suo talento nella grafica. Infatti, non temiamo di essere smentiti nell’affermare che ci troviamo davanti ad uno dei più grandi incisori europei e, come tale, mondiale.
Le sue opere traggono ispirazione da soggetti sempre diversi seppur ripetuti, mai un compiaciuto soffermarsi su idee o cose; a tal proposito Edo Janich ci ha detto: “Quando mi accorgo di ripetermi, capisco di essere stanco, che qualcosa nella mia ispirazione non va, allora preferisco fermarmi”; una soluzione solo in apparenza semplice, difficilmente accettata con tanta naturalezza da innumerevoli artisti, anche tra quelli più osannati.
Edo Janich, ancora una volta, ci stupisce e non è un modo di dire; è infatti stupefacente come questo artista riesca a fissare su una lastra immagini, sensazioni, idee che finiscono per coinvolgere l’immaginazione, la mente, che vede ordinate sensazioni, in confusa percezione di caleidoscopiche riflessioni sulla realtà congelando, in un breve spazio, mondi vasti e sconosciuti, avvertiti solo inconsciamente e mai rivissuti se non in quell’immagine che, come d’incanto, rende reale e palpabile l’immaginario, il sogno.
L’onirico ed il reale si fondono sul viso immobile di bambole inquietanti, dallo sguardo penetrante e ridente, quasi un invito ad infrangere l'esile foglio che divide il reale dal sogno per perdersi in esso, per fuggire da una realtà spiacevole. Burattini-giocolieri, che solo un sapiente giuoco di specchi tradisce, rivelano il guscio vacante che li avviluppa, bozzolo tangibile di un’anima vuota, un inganno, solo per caso scoperto e sventato, prima di precipitare in un mondo ignoto, in bilico tra il giuoco e la tragedia.
Orologi dal tempo cristallizzato dal bulino, nell’attesa di divenire il “tempo” di qualcuno.
Palazzi incantati o esistenti, reali, che Janich si compiace di rendere fragili come composizioni di finissimo cristallo, merletti impalpabili sotto il chiarore ingannevole della luna; una Venezia splendida e delicata come le ali di una farfalla, capaci di far volare fantasie di colori, ma tragiche nella loro fragilità, una fatuità che le rende vulnerabili al più piccolo fremito di vento.
Una Roma fatata, fermata in un momento indefinito, che riflette la sua storia nello specchio scorrevole del Tevere, che la esalta, la muta in un eterno divenire per poi riproiettarla, esterrefatta, indietro, nella sua esaltante storia millenaria.
Tutto questo e altro ancora Janich ci fa vedere, conducendoci per mano in mondi sublimi ma brumosi, coinvolgendoci in una tensione spasmodica che solo le sue splendide creazioni, per ispirazione e per tecnica, riescono a placare dolore e ambasce nella quieta aura del sogno.
Claudio Alessandri
Edo Janich
Nasce a Valvasone (PN) nel 1943. Sin dal 1962 si interessa alla scultura, solo più tardi anche all'incisione, alternando le due attività negli anni successivi.
Partecipa a numerose mostre personali in Europa, realizzando un cospicuo numero di lavori.
Alcune centinaia le lastre ad acquaforte e bulino, realizzate in quarant'anni di attività, stampate nelle più importanti officine calcografiche, molti di questi lavori raccolti in cartelle ormai introvabili. |